Come è strutturata una casa tipo in Giappone?

Frank September 25 at 16:34
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Residenza estiva dei Tokugawa di Mito, Sankeien, Yokohama

Foto mie, salvo indicazione diversa. L’architettura tradizionale giapponese va distinta da quella moderna. Parlerò prima dell’una, poi dell’altra. Qui sopra una residenza estiva dei Tokugawa. Strutturalmente è molto simile a quella di un mercante, artigiano o altro comune cittadino. Ecco di seguito una splendida casa tradizionale. In questo caso monofamigliare,

ma ci sono anche le case a schiera, detta nagaya (casa lunga).

Wikipedia, user 663 highland.

La semplicità è spartana.

Casa monofamigliare

Le caratteristiche generali dell’architettura tradizionale sono:


Case in legno (spesso non verniciato) e carta. Nessun chiodo e giunti che permettono il movimento reciproco delle parti. Elementi strutturali lasciati in vista. Distinzione fra esterno ed esterno a volte scarsa o assente. Il paesaggio può essere reso parte dell’arredamento. Le parti destinate a lavori “sporchi” (lavanderia, toilet, cucina, ecc.) sono isolate. Il bagno ed il gabinetto sono spazi diversi.Le finestre del primo piano sono di solito porte ed hanno zanzariere.Fra la casa e l’ingresso c’è un gradino. La parte sotto si chiama genkan, ingresso. La genkan, pur essendo DENTRO la casa, viene considerata FUORI e i fattorini, postini e visitatori possono aprire la porta esterna senza problemi. La cassetta delle lettere un tempo si trovava qui.Di solito dopo il gradino della genkan c’è una porta a vetri che protegge l’intimità di chi è in casa. A casa mia, come vedete, manca. In ogni caso, questa seconda porta è inviolabile e non deve venire aperta.

I muri, quando esistono, sono spessi pochi centimetri. Il pavimento è costituito da stuoie di paglia di riso chiamate tatami. Una stanza ha sempre dimensioni pari a un numero finito di tatami (3, 4, 6, 8).Ciò vuol dire che la casa è modulare. Tutte le sue dimensioni sono standard e quindi i “pezzi di ricambio” possono essere acquistati senza misurarli.Una stanza è spesso vuota. La divisione fra stanze non è fissa. Nel caso della foto che segue, basta rimuovere due pannelli per trasformare due stanze di medie dimensioni in una sala da conferenze o preghiera.

Wikimedia Commons, utente 663highland


Al contrario, basta aggiungere un paio di pannelli per ricavare una stanza da letto. I letti in questo caso sono dietro quegli sportelli bianchi.

Questo tavolino è alto 21 cm e le zampe si ripiegano contro il suo fondo. Cambiare arredamento, se ti accontenti, è rapido e facile.

Viene fatto spesso uso di materiali grezzi a fine decorativo. Vedi quest’asse in legno. Nuda e cruda (ma astutamente scelta) come è, si rivela di grande effetto.

La casa è, quando possibile, circondata da una staccionata in legno o paglia

Il fuoco è in un foro praticato nei tatami, foro che può essere coperto e nascosto. La cappa, come vedete, non c’è. Ciononostante, il tiraggio è ottimo e la stanza non si riempie di fumo.

Il tavolo su cui si mangia è posto sopra un buco profondo circa 50 cm che consente di stendere le gambe (horigotatsu).

Il tokonoma è un angolo dedicato all’arte. Si potrebbe pensare sia esclusivo delle case dei ricchi, ma così non è. Notare l’estrema eleganza e l’economia dei mezzi con cui viene ottenuta. Foto di 663highland, Wikipedia. L'asimmetria regna sovrana. Il suo opposto viene accuratamente evitato. Analogamente, viene introdotta l’imperfezione quando necessario. La perfezione non è né bella né desiderabile. E precisamente per questo motivo la finestra che segue non è stata fatta esattamente rotonda, ma leggermente schiacciata.

Fine prima parte. Chi ha domande, desideri o suggerimento lasci un commento.

Colgo l’occasione per publicare alcune foto di un modello completamente differente di casa, quella collettiva contadina. Siccome esula dalla domanda, non ne parlerò, almeno in questa sede.

Le foto sono state scattate nella provincia di Gifu e la case sono originali. Queste erano però abitazioni contadine.

La casa giapponese tradizionale quindi non prevede la distinzione funzionale delle stanze, che possono essere riconfigurate a piacere (sia in termini di superficie che di uso) per mezzo di pannelli scorrevoli, mobili ed altre attrezzature nascondibili in appositi contenitori incorporati nelle pareti o sotto il pavimento.

Nella casa come in ogni altro aspetto della loro società, i giapponesi hanno un forte senso del DENTRO e del FUORI, una divisione non sempre ovvia ad uno straniero. Ma ugualmente fortissima. Un esempio chiaro è la genkan, l’ingresso, che anche se ovviamente “dentro” è funzionalmente fuori.

La sua struttura e l’uso che ne viene fatto sono evidenti in questo disegno. I proprietari rimangono “in casa”, quindi sui tatami ed entro le porte a scivolo interne. Il visitatore che vediamo allontanarsi è stato accompagnato fino al finire dei tatami, dove la casa ha termine, Notare che al centro di ciascuna porta c’è un’area non in carta ma in vetro per permettere di vedere chi è il visitatore quando sono chiuse. Molti anni fa abitavo appunto in una casa del genere, ma tenevo le porte interne aperte, ritenendole inutili, e mi sorprendevo sempre della sfacciataggine del postino che apriva la porta esterna, violando (o almeno così credevo, la mia privacy.

C’è poi la engawa, una specie di veranda, anch’essa tecnicamente “fuori” ma in realtà “dentro”.

Lo provano il modo in cui le donne sono sedute, alcune del tutto dentro, alcune parzialmente fuori. La sera, la casa viene ermeticamente isolata dall’esterno con pannelli come quelli visibili nel video seguente e l’engawa rimane “dentro”. Le foto fra l’altro sono di Adolfo Farsari, italiano naturalizzato inglese che ha documentato il Giappone di ormai quasi due secoli fa.


L’influenza religiosa si fa sentire nella struttura delle altre stanze.

Heya no yogore, kokoro no midare, dice il proverbio, che sarebbe “Sporco, contaminazione del cuore” dove cuore sta per anima e kegare per una contaminazione spirituale profonda la cui natura è impossibile da spiegare in questo contesto.

La lavatrice era spesso lasciata all’esterno. Tiziano Terzani, in uno dei suoi mille errori, cita il fatto come prova della povertà dei giapponesi. Le case dei giapponesi sono piccole, dice. A Tokyo, certo, ma qui a Kamakura una casa come la mia, 150 mq, non è rara.

Il bagno si faceva non in casa ma nel sentō, un bagno pubblico la cui scomparsa mi sembra un peccato. La sera si andava al sentō, ci si vedeva con gli amici e si facevano quattro chiacchiere. Foto da Wikipedia.

Sempre stando a mollo, ci si poteva informare sugli eventi del quartiere.

Il bagno in ogni caso serve tanto a rilassarsi, quanto a pulirsi. Infine la toilet, la famosa toilet giapponese. Ecco quella di mia moglie.

La volontà di isolare il gabinetto dal resto della casa è resa evidentissima dal fatto che PRIMA DI ENTRARE IN GABINETTO SI CAMBIANO LE CIABATTE. Quelle per gabinetto non si devono usare per alcun motivo altrove.

“Prendere in prestito” il paesaggio

Una clamorosa eccezione al desiderio di separare il dentro ed il fuori è la consuetudine giapponese di rendere il “fuori” parte del “dentro”.

In giapponese questo si chiama appunto “prendere in prestito” il paesaggio e viene fatto non appena se ne presenti l’opportunità.

Valutazione finale personale

Allora, come sono le case giapponesi? Incantevoli ma scomode. Spifferi dappertutto, fredde d’inverno e calde d’estate, durano poco e costano molto, in più sono prone alle infestazioni di insetti, dalle termiti agli acari.

Però sono le case che vuoi in caso di terremoto. Tenendo presente che le scosse di assestamento del terremoto di Fukushima erano molto ma molto piú forti di quella che distrusse Messina e che divenne proverbiale, e che qui esse non hanno fatto alcun danno, si capisce perché siano necessarie. Resta il problema di evitare gli incendi, tradizionale flagello delle città giapponesi.


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